La settimana scorsa il parlamento finlandese ha approvato una nuova legge sulla conservazione della natura che ad una prima lettura sembra davvero all’avanguardia.
Il nuovo Nature Conservation Act entrerà in vigore dal 1° giugno 2023, il precedente era stato votato nel 1997.
Nel frattempo, come riportato dal ministro dell’ambiente finlandese Maria Ohisalo, è aumentata la comprensione della importanza della lotta al cambiamento climatico e alla salvaguardia della biodiversità da parte della opinione pubblica.
Inoltre sono migliorati gli strumenti a disposizione dei ricercatori per raccogliere informazioni sullo stato di conservazione della natura in Finlandia.
Così la politica si è adeguata.
Con la nuova legge viene rafforzata la protezione di alcuni habitat naturali in maniera molto più rigorosa.
Ad esempio un articolo vieta la distruzione o l’indebolimento delle dune costiere, un altro vieta la prospezione mineraria all’interno dei parchi nazionali e la limita fortemente in tutte le aree protette dallo stato.
La legge inoltre andrà a rafforzare il ruolo dell’informazione scientifica a sostegno della pianificazione delle politiche sulla biodiversità in modo che si possa coadiuvare il processo decisionale a livello politico.
Una cosa impensabile in Italia, dove la nostra classe polita è sempre pronta a sminuire il lavoro dei tecnici in ogni campo.
Inoltre si prevede l’obbligo di compensazione ecologica.
Ovvero eventuali danni causati dalla attività antropica dovranno essere compensati con progetti mirati di rewilding o di ripristino su habitat indeboliti.
La legge includerà anche una nuova disposizione per limitare ulteriormente l’importazione di trofei di caccia.
Sarà severamente vietata l’importazione di esemplari o parti delle specie maggiormente minacciate a livello globale.
Inoltre la legge andrà a rafforzare anche i diritti del popola Sami.
Insomma una legge che almeno sulla carta promette di mettere in campo strumenti concreti per la lotta al cambiamento climatico e alla perdita di biodiversità.
Un esempio per gli altri stati europei e soprattutto un esempio per l’Italia che in nome di una dubbia ripresa economica promette non pochi passi indietro in fatto di conservazione della natura.